I
MIGLIORI DIECI BRANI “LUNGHI” DEL METAL ESTREMO
10° CLASSIFICATO: “AT WAR WITH SATAN” (VENOM)
Avevamo aperto la classifica dei migliori brani “lunghi” del
metal classico con la suite dei Manowar “Achilles, Agony and Ecstasy in Eight Parts”, quasi mezzora di sproloquio musicale.
Di tamarri in tamarri, di perizoma in perizoma (da quello di
peluche à-la Conan il Barbaro a quello in pelle e borchie di chi ha i
capelli che gli partono da metà cranio in giù!), delineando un parallelo con
l’altra classifica, decidiamo di aprire questa rassegna dedicata al metal
estremo con i Venom.
Siamo nel 1983: il trio di NewCastle approda
al loro terzo album, l’acclamato “At War with Satan”, che conferma la
formula già proposta nei lavori precedenti, con in più una inaspettata
sorpresina: la title-track che “misura” diciannove minuti e
cinquantasette secondi!
Sì, avete capito bene: un brano dei Venom che dura venti
minuti! Sì, i Venom, quelli che non sapevano suonare un cippa di cazzo…esattamente,
proprio loro! Mai nessuno nel metal, prima di allora, aveva osato cimentarsi
con un brano così lungo, la stessa “Rime of the Ancient Mariner” degli Iron
Maiden (che abbiamo eletto quale miglior brano lungo del metal classico)
avrebbe visto la luce l’anno successivo, nel 1984. Il paradosso è che l’impresa
viene realizzata non dai dotati musicisti delle tante altre band heavy metal
del periodo, ma da tre poveretti che sapevano a malapena tenere i rispettivi
strumenti in mano!
Ma non è questione di mera tecnica. Nella nostra anteprima,
fra i capolavori del rock, avevamo accennato alla “Sister Ray” dei Velvet
Underground, che certo non brillavano per il virtuosismo. La loro forza era
però concettuale, mentre i Venom, oltre che scarsi, erano anche mentalmente
limitati, imponendosi all’attenzione pubblica con un sound rozzo,
sporco, irriverente, che li relegava (sebbene avessero in seguito fornito
spunti interessanti, prima al thrash metal, poi al black) ai canoni del
rock’n’roll più scanzonato e sempliciotto. Come fecero costoro a confezionare
un brano di venti minuti? Ma soprattutto, com’è che gli venne l’idea?
Beata innocenza: è proprio vero che i gesti più
audaci sono spesso compiuti all’insegna dell’incoscienza! Prendete la trovata
di anticipare/presentare l’incipit del brano al termine dell’album precedente,
“Black Metal”: dove mai si era sentita una cosa del genere?
Poteva essere una mossa stronza da Beatles all’apice del
successo! A Cronos e compagni, del resto, non è mai mancata la spregiudicatezza
per osare e provocare. Ed è proprio questa attitudine che li ha portati
involontariamente ad essere innovativi.
Spregiudicatezza, ispirazione, talento, palle, metteteci
quello che vi pare, ma “At War with Satan” funziona, eccome! Nei suoi
venti minuti non ammette momenti di debolezza, risultando coinvolgente
dall’inizio alla fine ed incapace di annoiare per un singolo istante!
Ma com’è che dei incompetenti musicali del genere riescono a
risultare credibili in venti minuti, quando i loro brani già sembravano troppo
lunghi quando solcavano il quarto minuto? “At War with Satan”, tornando
all’esempio di prima, ha il fascino torrenziale di una “Sister Ray” (al netto
ovviamente delle pulsioni avanguardistiche espresse dalla band di Lou Reed), e,
se volessimo bene ai Nostri (ossia riconoscergli un minimo di cultura musicale,
che in verità non hanno), potremmo avvicinare il pezzo ad una “Achilles Last
Stand” (10:25) dei Led Zeppelin (con la quale condivide la medesima carica
epica). Ma supposizioni a parte, è più lecito pensare che i Nostri si siano
gettati nell’impresa con “Overkill” in testa. I mattoni di cui il brano si
compone sono infatti i soliti riferimenti tratti dal mondo del punk, dell’hard-rock
e del neonascente heavy metal: Motorhead (of course!), influssi
dei nuovi Black Sabbath (quelli con Ronnie James), tracce delle coeve
band della N.W.O.B.H.M, tutto frullato, estremizzato e rielaborato in
quelle forme stilistiche tipicamente venomiane che potremmo definire proto-thrash
e proto-black.
L’approccio, nel complesso, è un po’ più tecnico del solito
(con tutta l’attività dal vivo degli anni precedenti, del resto, avranno avuto
modo di acquisire sicurezza e coesione, no?), cosa che però non si traduce in
ricerca stilistica o capacità di esprimere in forme più complesse la propria
inventiva (i Venom non inventano nulla: al massimo semplificano, estremizzano,
sporcano). Cronos continua a sbraitare come un ossesso (mitico il
“Lucifeeeeeeeer” gridato quasi al terzo minuto) e a strimpellare il suo basso
senza pietà per le nostre orecchie; Abaddon picchia come se non vi fosse
un domani, mentre Mantas, dal canto suo, non si può certo dire che si
prodighi in assolo sopraffini o in chissà quali sofisticherie!
Eppure tutti e tre sembrano più sicuri e cresciuti sotto il
profilo della versatilità. Ripartiamo dunque da capo: Cronos assume un piglio
più teatrale, lanciandosi qua e là si in spoken che conferiscono un
irresistibile flavour epico al pezzo (gli Immortal
ringrazieranno, i Marduk pigliano appunti, i Cradle of Filth
assorbono nel silenzio!). Il drumming di Abaddon è solido e
particolarmente efficace, mostrandosi capace di traghettare il brano lungo
tutti i suoi svariati cambi di umore. Mantas, infine, si rivelerà una fucina
inesauribile di riff e finirà per concedersi persino qualche divagazione
“melodica” (vedi l’arpeggio che si materializza ad un certo punto, con tanto di
gorgheggi femminili sullo sfondo!). Non sono
i Nostri musicisti diplomati in conservatorio, ma riescono a cavalcare la
cresta dell’onda dall’inizio alla fine e a mettere in fila con insospettabile
disinvoltura una sequela impressionante di pezzetti e pezzettini. Perché poi
questo, e non altro, è “At War with Satan”: un insieme di frammenti, idee
abbozzate, ma tutte ben collegate!
Struttura? Suite?? Seeeee, i tre navigano a
vista, citando e citandosi, cosicché capiterà di sentir partire una “Overkill”
nel bel mezzo del marasma, oppure udire vecchi brani (vedi il ritornello di “Sons
of Satan”) riproposti inconsapevolmente nella sciattezza più assoluta. Solo
la ripetizione dell’iniziale riff di basso cavalcante (con cui il brano
si concluderà in dissolvenza, dando peraltro la sensazione che la faccenda
sarebbe potuta anche andare avanti un altro po’!) è l’unico elemento a dare
coesione tematica al tutto. Oltre al testo, ovviamente.
Il testo, vabbé, volto a glorificare la figura di Satana,
è l’insieme di kitschate fetenti che ci possiamo aspettare dai Venom: la
descrizione della lotta cruenta fra Inferno e Paradiso si rivela
inevitabilmente un’orgia sanguinaria dove a soccombere sono le schiere di Angeli
e a prevalere l’esercito del Male. C’è però da riconoscere al paroliere Cronos
il merito di aver edificato una sorta di poemetto epico incalzato da frasi
ad effetto che si sposano perfettamente con la forza travolgente del brano.
Con i suoi frequenti cambi di tempo, con le sue
ambientazioni, “At War with Satan” è un nero monolito lanciato a velocità
folli, un Bignami della musica estrema del periodo: tutto metal fumante,
riff, grida e ritmiche forsennate, niente cazzate, niente riempitivi, niente
tastiere! Solo qualche campanaccio a fare un po’ d’atmosfera e sporadiche voci
femminili (!!!) ad infarcire le gesta di un power trio che, per la sfida
artistica più grande, non si affida ad altro che alle scarse risorse a disposizione…
e ad una grande sfacciataggine!
I Venom sono come quello sprovveduto arrogante e testardo,
ma sicuro di sé, che vuole fare di testa sua a tutti i costi, incurante dei
consigli, e che in qualche modo, accidenti a lui!, o per culo, o per
scaltrezza, esce vincente dalla sfida!