Come uno spettatore solitario a teatro, batto le mani nel silenzio generale. Sono in piedi in salotto, come non accadeva da tempo, applaudo e mi guardo intorno cercando consensi anche se non c'è nessuno.
Mi sento sempre solo quando ascolto i Vanden Plas...
Il mondo metal sembra aver rimosso o sottovalutato questo disco, forse a ben vedere, si è proprio dimenticato in generale dei Vanden Plas. Un errore che avevo fatto anche io, ma che ho rimediato in vecchiaia e ne ho capito anche le ragioni.
Altri gruppi di progressive metal sinfonico rapiscono di più gli occhi e le orecchie sia per un'immagine più ruffiana, sia per una critica più favorevole. I Vanden Plas non hanno mai avuto grande visibilità, ma la qualità dei loro dischi è sempre stata buona e per certi versi trovo le loro vicende affini a quelle degli Shadow Gallery: qualità tecnica, dischi stupendi, ma solo per una nicchia della nicchia della nicchia. A differenza degli statunitensi, però questi tedeschi hanno un maggior gusto orchestrale nel loro sound e cercano spesso riferimenti intellettuali per i loro testi.
Accade così anche in questo album dove si ispirano a Dumas ed al suo Conte di Monte Cristo per tracciare un viaggio nella mente di un serial killer e, senza timore di smentita, registrare uno degli apici della loro carriera.
Le influenze del gruppo sono i pilastri del genere: Fates Warning, Savatage e Dream Theater, ma la personalità del gruppo ha una matrice più epica ed emozionale. Andy Kuntz alla voce e Günter Werno alle tastiere hanno la leadership della band, ma tutti offrono una grande prova.
I dettagli fanno la differenza ed è tutto curato nei particolari, la produzione a cura della Inside Out è una garanzia, la maestria tecnica del gruppo non si discute, ma anche l'artwork è di classe e ogni tassello va al suo posto. Proverei a fermare le persone fuori dal Teatro dell'Opera in questo mercoledì sera, ma è un vano tentativo quello di spiegare la bellezza di queste note:
- "Ehi signori, scusate, ma perché non ascoltate questo cd invece di vedere Tchaikovsky..."
- "Chi è lei, un tossico? Sta scherzando?"
- "... provate, provate magari solo un breve ascolto; è metal ma c'è grande sensibilità, gusto, amore per la melodia!"
- "Ommmiodio metal, ma per favore lasci stare il mio smoking o la denuncio... taxi! Taxi!"
- "Sono i Vanden Plas! Ricordatevi almeno il nome, date loro una chance!"
- "Vandeche?! Ah sì, Vanculo vai barbone!"
Niente da fare è difficile anche in una realtà immaginaria cercare di far ascoltare i Vanden Plas, ma almeno per chi ama certe sonorità "Christ-0" non può lasciare indifferenti.
Il titolo, come spiegato dal booklet, rappresenta: No Christ. Godless. Senza Dio insomma nelle vicissitudini del protagonista che mescola un thriller contemporaneo alla storia di Dumas (rivedibile magari questo mix troppo ardito?! nda), ma con tinte classiche grazie anche alla presenza riservata del coro di 40 elementi del Pfalztheater di Kaiserslautern. Le chitarre picchiano comunque duro come se fossero uscite da "Awake" dei Dream Theater, ma l'eleganza dei ritornelli mi colpisce in questo mondo così pacchiano e superficiale, qui non c'è bisogno di attirare l'uditore con fumo negli occhi.
Eleganza, classe e tanta pazienza sono le doti dei Vanden Plas.
Sono passati 10 anni, ma la maestosità del disco non scende di tono e se anche una persona, una sola persona, lo andrà ad ascoltare queste mie parole non saranno cadute invano.
Voto: 7/8
Canzone top: "Silently"
Momento top: le melodie in "January Sun"
Canzone flop: "Somewhere Alone In The Dark"
10 canzoni, 67 minuti
Anno: 2006
Etichetta: Inside out