West Memphis, Arkansas. Meno di
30.000 abitanti immersi nella vasta e profonda provincia statunitense. Il
grande Mississipi, che scorre nelle sue vicinanze, la divide dalla più famosa
Memphis, Tennessee, patria adottiva del grande Elvis.
Il 5 maggio 1993 tre ragazzini di
otto anni, (Michael, Christopher e Steve) se ne vanno a fare un giro in bicicletta
per le strade di West Memphis. Non torneranno mai più nelle loro case. I loro
corpi verranno ritrovati già l’indomani, legati e seviziati, nel basso fondale
di un canale di scolo. Una morte orribile per tre povere vite
innocenti.
E’ da questo orrendo delitto che
si dipana il caso dei c.d. “Tre di West Memphis”, locuzione che non si riferisce ai tre ragazzini
massacrati ma ai tre adolescenti che sono finiti in carcere accusati di
averlo commesso: Jessie, Jason e Damien.
E’ questa la storia che racconta
“Devil’s Knot”, film del 2013 di Atom Egoyan (vedi qui il trailer).
Sono un grande estimatore del
regista armeno-canadese, sin dai tempi dei suoi primi capolavori degli anni
novanta (“Il dolce domani” e “Il viaggio di Felicia” su tutti). E non mi perdo
mai le sue nuove fatiche.
E’ stato quindi con un certo
sconcerto, guardando a "scatola chiusa" il suo lungometraggio, che sono venuto a conoscenza di questa vicenda, già oggetto (poi ho
saputo) di numerosi docu-film e inchieste giornalistiche, visto che è da molti
considerato il più grave scandalo giudiziario della storia degli Stati Uniti.
Non è interesse di questo post
rivisitare, da un punto di vista legale e processuale, il caso in questione. Né
rimarcare i grossolani errori della polizia; o ancora elencare le miriadi di
incongruenze (e di totale assenza di prove concrete a carico degli imputati) di
cui furono disseminate le indagini.
Bensì sottolineare come la musica Heavy Metal sia stato il principale elemento, ovviamente pretestuoso, sia per le autorità preposte che per l'intera comunità di West Memphis, guidate da un bigottismo e un insensata paura del “diverso”, per
ghettizzare delle giovani persone e, in questo caso, rovinargli per sempre la vita.
Si, qua non siamo davanti a un
caso di semplici accuse di "atti contro la morale", o di censura in stile P.M.R.C.; e non siamo neppure davanti a un musical o una commedia.
Qua si parla di tre ragazzi che
sono stati sbattuti 18 anni in carcere, rischiando anche la pena di morte,
senza che avessero commesso alcunchè. Men che meno il crimine orrendo di cui
sopra.
E allora che “colpa” avevano
avuto Jessie, Jason e, soprattutto, Damien (considerato la “mente della setta”) per essere stati da subito indiziati, poi messi alla sbarra e infine
condannati da una giuria popolare di un paese “democratico e libero”?
Beh, innanzitutto fu quella di
essere giudicati “strani” e/o di tenere comportamenti “antisociali” da parte dei propri concittadini, iper-bigotti e ferventi cattolici: uomini "timorati di Dio".
In realtà le cose non erano così semplici: uno di loro, Jassie, aveva un forte ritardo mentale, mentre Damien aveva una
disastrata situazione famigliare che lo aveva portato a vivere le terribili esperienze delle
comunità minorili, da cui era più volte fuggito.
Ma la "macchia" più grave agli occhi degli abitanti di West Memphis fu il
fatto che Jason e Damien ascoltavano heavy metal, la “terribile”
musica del Diavolo! Approfondendo il caso, sono venuto a scoprire infatti che l’”argomento” musicale fu uno dei più trattati e
focalizzanti all’interno del dibattimento processuale.
Egoyan, per rimarcare
questo elemento (pur non esasperandolo nel corso della pellicola) ci presenta
per la prima volta Damien, come detto leader indiscusso del gruppo, mentre si
sta facendo un tatuaggio: dietro di sé campeggia un poster degli Slayer, sulla
scrivania una raffigurazione del Baphomet di angelwitchiana memoria, mentre in
sottofondo risuonano le note sparate a tutto volume di “Altar of Sacrifice”!! E
non sarà l’unica volta che nel corso della pellicola Araya e soci saranno i
protagonisti, visto che a un certo punto, all’uscita degli imputati dal
tribunale, risuoneranno fuori campo le note del mitico riff iniziale di “Angel
of Death”.
Ricordiamo che quelli erano gli
anni dell’esplosione del fenomeno Black Metal in Norvegia, ma, di certo, gli
echi di quella scena, con tutto ciò che si portava dietro in termini di
occultismo, morti ammazzati e violenze assortite da parte dei componenti del
famigerato Inner Circle, non erano ancora conosciuti in Arkansas…lo stesso
Damien rivelerà in seguito che i gruppi che ascoltava di più erano Metallica,
Slayer, Danzig e Ozzy. Soprattutto Ozzy. Tanto che Damien, presumibilmente sotto l'influenza del Madman dell'Heavy Metal, si appassionerà agli scritti di Aleister Crowley, altro aspetto che gli verrà impunemente e sarcasticamente rinfacciato nel processo, quasi che questo fosse un'ulteriore "prova" della sua colpevolezza.
Al termine della visione non ho potuto fare a meno di chiedermi perché il nostro amato
Metal ancora una volta sia stato il bersaglio della riprovazione della società “bene”,
delle persone “normali”? Di quei professionisti, casalinghe, impiegati, operai,
che poi andavano a formare le giurie popolari di questi processi?
Non so, non mi do una risposta. Probabilmente
la paura del “diverso”, la diffidenza verso ciò che non si conosce, la repulsione verso quell’insensato
“rumore”, verso quei “brutti capelloni” traviatori di giovani menti…dall'essere fan di band così a commettere atti orribili, agli occhi di molti, il passo dev'essere necessariamente breve...
L'unica cosa certa è che il caso dei West Memphis Three
fa paura. E fa riflettere. Sembra essere un estremo esempio di cosa voglia dire
non adeguarsi ai canoni del contesto sociale in cui si vive, non seguire le
regole e le tendenze che i più seguono.
Qui il diavolo non si è nascosto nella
musica traviatrice, ma direttamente negli uomini al servizio della legge, del
potere, delle istituzioni. Li ha fatti guardare là dove volevano guardare, dove
potevano trovare un facile capro espiatorio per trovare in fretta una
“spiegazione” all’orrore che li aveva travolti, cercando così una facile scorciatoia per esorcizzarlo.
Ma con il solo risultato alla fin fine di averli allontanati dalla Verità (che
ancora deve emergere a distanza di oltre vent’anni, visto che l’assassinio dei
tre bimbi è ancora senza un colpevole) e da un’autoanalisi che li portasse a
scandagliare dentro se stessi le ragioni di tanto Male.
E ancora: quanti di noi si
possono immedesimare nella storia di emarginazione subita da Damien e Jason, ancor
prima di essere invischiati fatalmente in questa vicenda? Quanti heavy metal fans sono
stati guardati un po’ storto, se non peggio, per una maglietta indossata? O allontanati da un gruppo
amicale dopo che al suo interno si è saputo che genere di musica ascoltavano?
Personalmente proprio nel ’93 cominciavo ad ascoltare i miei primi album metal. Ma, vivendo in un contesto
cittadino piuttosto aperto, non ho mai avuto problemi di ghettizzazione dai miei coetanei per
girare con una maglietta degli Iron o una felpa dei Blind Guardian (anche se
ricordo bene, ahimè, la faccia schifata della mia “fiamma” delle scuole superiori
quando ha scoperto, lei moderata discotecara, che ascoltavo heavy metal).
Ma, riflettendo a freddo dopo la visione del
film, non ho potuto fare a meno di chiedermi: sarebbe stato diverso se fossi
vissuto in un piccolo paese di provincia, come è successo a Damien e ai suoi
amici? Avrei potuto subire anch’io atti di emarginazione e pregiudizio?
Soprattutto: a quanti potrebbe star accadendo in questo momento (magari con annesso cyber-bullismo e messa alla gogna sui social network?)
Soprattutto: a quanti potrebbe star accadendo in questo momento (magari con annesso cyber-bullismo e messa alla gogna sui social network?)
Non cerco né una morale né una
spiegazione razionale in questa terribile vicenda.
Semplicemente credo che quella
dei West Memphis Three sia una storia da ricordare. E da raccontare anche nelle
scuole. Perchè possa servire da monito affinchè il pregiudizio in generale non
porti più a storture così devastanti e insensate.
ps: questo post è scritto in
memoria dei piccoli Michael, Chris e Steve.